Tribunale Usura Banca

La Suprema Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, con Ordinanza n. 4384 del 10/02/2022 pone fine, forse in modo definitivo, al contenzioso che aveva agitato l’Arbitro Bancario Finanziario e i Tribunali di tutta Italia in relazione ai Buoni Postali.

Il ricorso aveva ad oggetto una controversia che riguardava la quantificazione degli interessi della III decade di durata (ultimi 10 anni) dei Buoni Postali Fruttiferi della serie “Q/P” emessi da Poste Italiane.

Tali buoni erano stati emessi utilizzando il modulo cartaceo della precedente serie P che recava la stampa dei tassi di interesse che sarebbero maturati per tutti e 30 gli anni; su tale modulo venne apposto un timbro ad inchiostro aggiornato con la dicitura della nuova Serie Q/P e delle nuove condizioni.

Tuttavia tale timbro modificò in maniera esplicita solo le condizioni contrattuali relative ai primi 20 anni, nulla disponendo per gli ultimi 10.

Il punto di contrasto aveva ad oggetto proprio la clausola relativa agli ultimi 10 anni:

Secondo i risparmiatori avrebbero dovuto applicarsi le condizioni della precedente serie P “più Lire ***** per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30 anno solare successivo a quello di emissione” testualmente riportate sulla tabella a stampa del buono e non interessate dal timbro correttivo.

Secondo Poste, invece, anche per tale ultimo periodo avrebbero dovuto applicarsi le condizioni (peggiorative) previste dal D.M. 13/06/1986 istitutivo della Serie Q/P, pur se non riportate sul timbro.

Nessuno Spazio in questo caso per la tutela dell’affidamento dei risparmiatori

La Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento, aderisce alla interpretazione favorevole a Poste, ritenendo che nel caso di specie non vi sia alcuno spazio per tutelare l’affidamento dei risparmiatori.

Secondo il Collegio, l’affidamento incolpevole del risparmiatore potrebbe essere tutelato nel caso “peculiare” in cui sul buono non compaia alcun elemento dal quale il sottoscrittore possa desumere un contrasto tra condizioni risultanti dal documento e condizioni previste dalla normativa applicabile (Cassazione Civile, SS.UU., Sentenza 15/06/2007 n° 13979).

Ma questa fattispecie, secondo la Corte, “non ha nulla a che spartire” con il diverso caso dei Buoni della Serie Q/P, in cui il modulo utilizzato recava sulla parte frontale la sigla «Q/P», tale da richiamare la normativa ad essa applicabile, e sulla parte posteriore un timbro ad inchiostro sostitutivo della impressione a stampa preesistente.

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Poste avrebbe rispettato gli obblighi previsti dalla normativa

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Secondo la Corte regolatrice, Poste avrebbe operato in conformità all’art. 173 del D.PR. 156/73, norma disciplinante lo ius variandi e ritenuta per la prima volta in modo esplicito come cogente, ed all’articolo 5 del Decreto Ministeriale 13 giugno 1986, secondo cui: «Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre i buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera “Q”, i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie “P” emessi dal 1° luglio 1986. 2. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi».

La circostanza che il timbro ad inchiostro rechi una modifica limitata ai soli primi 20 anni, lasciando scoperti gli ultimi 10, costituirebbe “...una mera imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro“, e non invece una manifestazione di volontà concludente, rilevante sul piano negoziale.

A prescindere dalla condivisibilità o meno delle motivazioni della Sentenza, in tale momento storico la fiducia dei risparmiatori nei confronti dell’intero sistema Paese ne esce fortemente ridimensionata.

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